venerdì 3 ottobre 2008

Sinistra, perché ha 18 sigle ma chiariamoci?

Il Pd paga lo scotto delle sue origini e delle contraddizioni contenute nel suo Dna e oggi, mentre la sinistra attraversa una crisi senza precedenti, offre agli osservatori un grado elevatissimo di frantumazione interna. Colpa della "fusione fredda" con cui si è creato il soggetto politico che aveva l'ambizione di esprimere una "vocazione maggioritaria"; colpa dell'eterogeneità ideologica e politica delle formazioni confluite nel contenitore, responsabilità innegabile del segretario Walter Veltroni, che ha ondeggiato e ondeggia fra velleità di modernizzazione e l'irresistibile richiamo del passato. Formalmente, Il Pd non dà spazio alle correnti, ma di fatto ogni esponente di spicco del partito ha la sua e se la tiene stretta, con una fioritura senza precedenti di sigle e sottorganizzazioni, che recuperano differenze e contrapposizioni sviluppatesi fra i post-comunisti e i cattolici di sinistra, i due principali ceppi dai quali il partito nuovo è nato per restare vecchio. I pignoli hanno contato ben diciotto sigle, fra gruppi e sottogruppi camuffati da centri studi o, per usare il linguaggio del loft, think thank. Spicca la Red (Riformisti e democratici) che fa capo agli amici di Massimo D'Alema. Veltroni e D'Alema sono i duellanti per antonomasia, che continuano a scambiarsi sciabolate da quando erano comunisti emergenti con Berlinguer e che non hanno perso l'abitudine di rivaleggiare anche quando sono diventati postcomunisti. Il lider Maximo è un'autentica spina nel fianco di Veltroni, il quale ha pero la possibilità di osservare tante altri sigle di compagni di partito dissidenti. Si va dal Glocus della Lanzillotta al Nens di Bersani e Visco, dal Lib-Lab della Melandri ai Liberal Pd di Enzo Bianco, al White di Castagnetti e Fioroni, ai Democratici davvero di Rosy Bindi. Anche Rutelli è deciso a distinguersi a tutti i costi e ha creato Per (persone e reti). La febbre della frantumazione è così alta e virulenta che ha contagiato anche il settore giovanile, dove già si contano diverse formazioni, dai Mille ai Democraticamente, attivissimi nel polemizzare sulle primarie fasulle che si preparano per i giovani democratici.Ma non c'è soltanto la storia di ieri, c'è anche quella di oggi. L'innesto di Di Pietro è stato deleterio e ha reso ancora più grave la schizofrenia politica di Walter Veltroni, costretto di volta in volta a polemizzare con l'ex pm (vedi lo scontro sugli attacchi a Napolitano) e a inseguirlo sul terreno del giustizialismo e dell'antiberlusconismo più becero.Un autentico sfascio. Questa frantumazione rende fragilissima la posizione di Veltroni: correnti, gruppi e sottogruppi, dai prodiani ai dalemiani, dai teodem alle schegge radicali, remano contro.Una situazione così instabile spiega perché il principale partito d'opposizione sia incapace di un confronto reale, supposizioni condivise, con la maggioranza; spiega anche il Pd sia incapace di tratteggiare qualsiasi alternativa. Il Pd sa solo agitarsi e anche quando grida è politicamente muto.

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