lunedì 22 marzo 2010

INTERVISTA PUBBLICATA DAL GAZZETTINO A FIRMA DELL'AMICO MAURIZIO BAIT

TRIESTE - Ha fama di uomo razionale e pacato, amico della prima ora, prima che conterraneo carnico e compagno di cammino politico, del presidente Renzo Tondo. Ma stavolta la flemma subisce qualche ammaccatura, perché Vanni Lenna, già assessore regionale e ora senatore del Pdl (commissione Difesa e ora Bilancio), lancia un messaggio politico chiaro e forte: non agite frontalmente per rinnovare la macchina regionale, non usate la mannaia nel negozio di cristalli.
Senatore Lenna, ci spieghi cosa intende dire sulla riforma organizzativa della Regione.
«La verifica del dopo elezioni regionali ci proporrà un quadro nuovo, questo è un fatto. E la Regione deve fare un bel tagliando, ricalibrando varie cose e confermandone altre».
Ad esempio?
«Sulle infrastrutture l'assessore Riccardi sta esprimendo un lavoro formidabile. E non parlo soltanto di autostrada, ma anche di viabilità ordinaria e ferrovie. E Poi sul welfare è stato profuso uno sforzo straordinario che i cittadini hanno apprezzato. Ma non tutto va bene».
Cosa non va bene?
«Bisogna riflettere bene sul come riorganizzare la Regione».
Ah, la temuta riforma Garlatti.
«Ecco, voglio dire che la politica deve darsi una bella messa a punto su questa operazione molto delicata».
I dipendenti sono già sul piede di guerra?
«I dipendenti non soltanto nel 2008 hanno votato in massa per Renzo Tondo e per noi, ma sono una risorsa insostituibile».
Però qualcosa bisogna fare, con meno soldi e meno dipendenti. E poi si tratta anche di dare un segnale di equità sociale di fronte alle tante famiglie nel dramma della crisi, come dice Tondo. Questi, mi scusi, sono in ogni caso lavoratori a posto sicuro.
«Cambiare bisogna, ma con prudenza e buon senso. Sono convinto che fra le mura della Regione lavorino forze adeguate alla modernizzazione, ma queste forze vanno valorizzate».
Il piano prevede nuove figure professionali, possibilità di carriere e responsabilizzazioni.
«Ma serve anche qualche innesto dall'esterno, qualche figura che ha maturato esperienze diverse e importanti. Che la veda in modo più completo».
D'accordo, ma adesso ci spieghi cosa sta seguendo a Roma in queste settimane.
«Cominciamo dal nuovo carcere di Pordenone».
Una grave incompiuta.
«Nonostante il Governo abbia stanziato solo 600 dei 1.200 milioni previsti per 13 nuovi istituti di pena, Pordenone resta in cima alle priorità».
I soldi ci sono e anche il sito è individuato, alla periferia Nord della città.
«Lo Stato ha da tempo indicato una disponibilità di 40 milioni, ora deve scattare la compartecipazione della spesa da Regione, Provincia e Comune».
Quindici milioni regionali, tre provinciali e due comunali.
«Bene. Ma bisogna fare i lavori. Il ministro Alfano ha incaricato una struttura specifica, guidata dal presidente Ionta, di risolvere l'emergenza nazionale. E lo si farà con un commissario».
Come?
«Tecnicamente il Ministero si occupa di progettazione e tutti gli aspetti tecnici, mentre la Protezione civile nazionale farà da advisor per bandire i lavori e il commissario li farà eseguire».
Questa è una costruzione nuova, ma i ruderi ex militari che invadono il Friuli?
«Con il sottosegretario alla Difesa Crosetto abbiamo definito un protocollo che coinvolge Regione ed enti locali. La Giunta Tondo sta per approvarlo».
Cosa prevede?
«La cessione volontaria a Comuni e Province, ma se si vuole anche alla Regione stessa, dei beni dismessi».
Cessione volontaria?
«Certo. I Comuni non saranno obbligati ad assumersi oneri indesiderati, ma avranno il diritto di ottenere un bene per realizzare un progetto considerato importante. Mi viene in mente il palazzo dell'Esercito in via Savorgnana a Udine, ma di esempi c'è abbondanza. Un discorso simile vale per la laguna di Grado e Marano».
Di chi è la laguna?
«L'abbiamo chiarito: della Regione. Ho ottenuto dal Ministero una nota, il
15 marzo, che fa chiarezza. Ma mentre si definiscono le procedure di trasferimento, la Regione può e anzi deve rilasciare le concessioni e riscuotere i relativi canoni. Gli operatori interessati possono finalmente uscire dall'incertezza».
Lei è carnico. Viene in mente l'Agemont.
«La partita è ancora aperta e va definita con il presidente Tondo per dar vita allo statuto. Dev'essere un garante dell'impresa in montagna, con i fatti».
E allora?
«Non è più sotto Friulia e può operare in house. La Banca d'Italia è d'accordo di conferirle il ruolo di intermediazione finanziaria indirizzata alla montagna».
Nella Bassa e a Trieste, invece, l'inquinamento storico blocca lo sviluppo presente.
«Cominciamo da Trieste. Stiamo perfezionando l'accordo finale fra Stato e Regione, che mette 60 milioni dei quali 30 servono al depuratore di Servola, cosa per la quale il Comune di Trieste è fuori norma».
Gli anni passano...
«Non passeranno più, ai soldi regionali si affiancheranno dei Ministeri dell'Ambiente e delle Infrastrutture e anche dell'Autorità portuale per quel che riguarda la realizzazione della piattaforma logistica. Ma sia chiaro che questo è un modello per far spendere meno e in più tempo agli operatori».
Non è obbligatorio pagare la quota-bonifica?
«No, uno può sempre trattare individualmente con il Ministero dell'Ambiente.
Rischiando di pagare molto di più».
La Caffaro.
«Con il direttore dell'Ambiente, Lupo, stiamo lavorando per ridefinire la soluzione transattiva con la curatela. Vogliamo coltivare ancora la speranza di salvare i posti di lavoro e l'unica strada è l'accordo con Roma».

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