L’ultimo sondaggio di Renato Mannheimer rivela che il 62% degli italiani vorrebbe un sistema elettorale che “premi e rafforzi i partiti maggiori indebolendo quelli più piccoli”.
A questa percentuale deve aggiungersi, almeno in parte, il 14% di coloro che “non sanno” per cui si può affermare che i tre quarti degli italiani vogliono una semplificazione a favore dei partiti “a vocazione maggioritaria”.
Questo dato è rafforzato dal fatto che circa la metà degli italiani è abbastanza al corrente del referendum sulla legge elettorale, di cui a metà gennaio si saprà se sarà accolto dalla Corte Costituzionale. Scrive Mannheimer: “Sono quote di consapevolezza più elevate di quanto registrato in altre occasioni simili”. Infatti, il 25% degli intervistati conosce bene il contenuto dei quesiti referendari e il 46% ne ha sentito parlare pur non conoscendo i dettagli.
Se è vero che la maggioranza degli italiani ha difficoltà a cogliere le distinzioni tecniche tra i modelli elettorali proposti, l’attenzione per il problema è molto elevata e questo dimostra che si è capito come la funzionalità del sistema politico dipenda dai partiti e questi dalla legge elettorale.
Ciò che è chiara è la finalità di un sistema elettorale: consentire la governabilità, che a tutti appare ridotta in modo direttamente proporzionale al numero dei partiti al governo tanto è vero che “il sentimento prevalente è il disappunto per uno scenario politico considerato troppo frammentato, che viene considerato un ostacolo per l’azione efficace dei governi”. La preferenza è quindi per un sistema “composto da pochi, grandi partiti”. È questa la linea sostenuta con forza da Berlusconi, parallela a quella di Veltroni, ma ad essa si oppone una coalizione trasversale formata da piccoli e medi partiti che preferiscono un governo poco efficace ma di cui fare parte.
on. Vanni Lenna
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