lunedì 15 settembre 2008

il terremoto mondiale delle banche

Il terremoto è arrivato, è un Big Bang e sta sconvolgendo il grande mercato delle banche americane. Il Governo federale ha salvato, e non poteva fare altro, le due più grandi aziende per la concessione di mutui e ha così evitato una strage di tutti quei risparmiatori che avevano acquistato un immobile con denaro preso a prestito. Ma adesso è venuto il momento dell’“alt”: due colossi come Lehman Brothers e Merryl Lynch stanno andando in rovina, la prima verso una vera e propria bancarotta, la seconda tra le grinfie della Bank of America. Le onde del terremoto hanno intanto investito tutti i mercati finanziari a partire dall’Asia per arrivare all’Europa. E non è un caso che l’ex governatore della Riserva Federale Allan Greenspan dica che siamo di fronte alla peggiore crisi finanziaria da cento anni a oggi. Avrebbe potuto e dovuto accorgersene prima. Il guaio è che il mercato è stato lasciato libero di correre nelle mani degli istituti bancari, che non sono certo istituti di beneficenza, ma soprattutto senza regole precise. Niente sarà più come prima dopo questa scossa mostruosa. C’è un sistema finanziario mondiale che dovrà essere e sarà rivoluzionato. E il peso degli Stati Uniti e dell’Europa, quale noi siamo abituati a considerarlo oggi, non sarò più lo stesso in un domani sempre più vicino. La Cina, l’India, gli Stati-tigre del Sud-Est asiatico, i Fondi Sovrani dei Paesi detentori del petrolio, sono destinati ad avere un peso crescente, non solo finanziario ma decisionale. Quale sarà il ruolo dell’Europa e dell’Italia in questo nuovo quadro che già si sta delineando? È difficile dirlo quando si vedono le grandi banche inglesi, francesi, tedesche, spagnole, e anche italiane, barcollare. Ma un’Europa non unita nelle sue decisioni di politica finanziaria potrà reggere per poco all’urto delle nuove, inevitabili onde concentriche provocate dal Grande Terremoto. Ecco perché bisogna cogliere con favore la decisione di Bruxelles di sostenere il piano Tremonti per gli investimenti. Senza un rilancio da parte di tutti gli Stati, senza una sorta di gigantesco piano come quello che fu messo in atto dopo la crisi del 1929, difficilmente l’Europa potrà cavarsela senza danni, anche se oggi appare più riparata rispetto alle follie delle grandi banche americane. E il governo italiano ancora una volta avrà un ruolo di primo piano in questo processo verso il nuovo, verso uno Stato sempre più sociale e attento ai deboli, uno Stato pronto a intervenire e non più disposto a lasciare troppo ampi recinti di libertà agli istituti finanziari.

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